Vi avviso che questo articolo è un pò più lungo rispetto al solito e richiederà una lettura che vi porterà qualche minuto in più… Ma merita…
In questo articolo volevo ripercorrere un pò la storia della creatività, così come compresa e studiata da vari scienziati, prevalentemente nel secolo scorso, insieme alle caratteristiche principali che ognuno di loro riteneva essenziali per ottenere la creatività nelle persone.
Un dei primi modelli è quello di problem solving di Dewey e Wallas.
Dewey (1920) ha descritto il processo di risoluzione dei problemi in 5 passi:
- difficoltà viene percepita
- difficoltà viene localizzata e definita
- vengono considerate possibili soluzioni
- vengono pesate le possibili conseguenze di queste soluzioni
- una delle soluzioni viene accettata
Wallas (1926) ha generato i quattro passi per descrivere il processo creativo, dove è andato oltre la logica sequenza di Dewey per includere anche l’inconscio con il famoso momento “AHA!” descritto da moltissimi innovatori. I quattro passi sono:
- preparazione – raccolta delle informazioni, pensare del problema, raccolta delle migliori possibili idee
- incubazione – la persona non pensa consciamente del problema ma fa altre attività, mentre la mente continua ad elaborare il problema
- illuminazione – le idee improvvisamente diventano chiare, si compongono in un puzzle perfetto e la soluzione diventa ovvia
- verifica – dove la soluzione viene verificata per praticità, efficacia e appropriatezza
La comprensione di questo modello di Wallas, in particolare le fasi di incubazione e illuminazione, è la chiave per capire le differenze tra le varie teorie della creatività.
Modello di Torrance e Osborn-Parnes.
Torrance (1988), in maniera simile a Dewey, ha definito il modello logico fatto in quattro fasi:
- sentire il problema o la difficoltà
- fare ipotesi riguardo al problema
- valutare le ipotesi ed eventualmente rivederle
- comunicare i risultati
I modelli precedenti non contemplavano la parte dell’utilizzo della soluzione o della sua condivisione. Il modello di Torrance è invece il primo che li contempla.
Modello Osborn-Parnes (sviluppato più di 50 anni fa da vari teorici) di problem solving creativo (CPS) differisce da altri in quanto è stato progettato per descrivere o spiegare il processo creativo, ma anche di permettere alle persone di utilizzarlo più efficacemente.
Osborn (1963) non era interessato in pura teoria, ma anche alla pratica di utilizzare la creatività. Parnes (1981) e poi Isaksen e Treffinger (1985) lo hanno sviluppato ed elaborato, includendo passi che coinvolgono le fasi sia divergenti (trovare molte idee) sia convergenti (trarre le conclusioni e restringere il campo) del problem solving.
Nei primi anni 1990 è stato definito in base ad esso un modello fluido che divideva le fasi nei quattro componenti principali:
- capire il problema – investigare un obiettivo generico, l’opportunità, o sfida e chiarire le idee per determinare la direzione nella quale andare. E’ composta da seguenti sottofasi: costruire le opportunità, capire la sfida e esplorare i dati, definire il problema
- generare le idee – ha una sola sottofase, nella quale le idee vengono generate per il problema che è stato definito, usando vari strumenti come ad esempio brainstorming o altri strumenti del pensiero divergente
- pianificare l’azione – esplorare i modi per trasformare le promettenti opzioni trovate nel passaggio precedente in soluzioni effettive – tradurre le idee in azioni. Ha due sottofasi: sviluppare le soluzioni e creazione del consenso e accettazione
- pianificare l’approccio alla soluzione – che riflette il bisogno di monitorare il pensiero in tutte le varie fasi per assicurarsi che ci si sta muovendo nella giusta direzione. Le due sottofasi sono: valutare i compiti e progettare i processi.
Platone e Aristotele.
Platone descriveva un poeta come sotto influenza di pazzia divina che lo porta fuori dai suoi sensi. Aristotele, in contrasto, diceva che il processo creativo deve ubbidire alle leggi comprensibili della natura.
Tutto quello che viene prodotto è prodotto da qualcosa…
Aristotele
Aristotele non credeva che i prodotti creativi venivano da intervento mistico.
E anche se i loro argomenti sono complessi, il contrasto tra di loro continua anche nella psicologia moderna. Alcuni teorici enfatizzano l’ispirazione, intuito e altri processi non riconducibili alla mente cosciente. Gli altri invece enfatizzano le similitudini tra la creatività e altri processi cognitivi e postulano, come Aristotele, che non c’è niente di unico nel processo creativo. E da quel punto di vista, la creatività può essere dissezionata e capito come funziona.
Teorie psicoanalitiche.
Esse spiegano il comportamento umano, lo sviluppo e caratteristiche personali come spiegati da processi inconsci.
Il padre della psicoanalisi è sicuramente Sigmund Freud, che credeva che il comportamento umano può essere spiegato esaminando i conflitti tra i desideri inconsci e atteso comportamento esteriore. Ha postulato tre aspetti della personalità umana:
- l’ego (mente logica conscia)
- l’id (guida primitiva inconscia)
- il superego (una forza simil-conscia che agisce come mediatore tra le prime due)
Lui ha legato la creatività alla sublimazione delle forze provenienti da id. Se un individuo non riesce liberamente ad esprimere i suoi desideri, questi desideri devono trovare uno sbocco in altri modi oppure essere sublimati… Molti meccanismi di difesa risultano in comportamenti non salutari e neurosi. Invece la creatività è la forma salutare della sublimazione, che usa le forze incompiute inconsce per scopi produttivi.
Gli psicoanalitici recenti hanno sviluppato variazioni alle teorie di Freud. Kris (1952-1976) diceva che il processo base della creatività è la regressione, che le persone creative sono in grado di ricreare uno stato di mente simil-bambino nel quale le idee inconsce diventano più accessibili alla mente cosciente. Egli credeva che la mente del bambino pensa in maniera riflessiva, risolve i problemi, e la creatività può essere utilizzata con lo scopo, sotto il controllo di chi la crea. Ha definito due fasi del processo creativo:
- fase di ispirazione derivante dall’inconscio
- fase di elaborazione diretta al conscio
Kubie (1958) ha esteso la teoria psicoanalitica in due scoperte significative:
- creatività ha le sue origini, non nell’inconscio, ma nel preconscio, tra l’inconscio e conscio. Questo è lo stato che possiamo, ad esempio, sperimentare tra il sonno e la veglia
- ruolo delle neurosi che, secondo Kubie, distorcono la creatività – se i bisogni inconsci sono predominanti, le persone vengono bloccate nei comportamenti ripetitivi che potrebbero assomigliare alla creatività ma in realtà non lo sono veramente
Jung (1972) credeva nell’importanza di esperienze personali e la mente inconscia nel descrivere la produzione creativa. Ma credeva anche che le idee creative importanti arrivano da un’influenza maggiore rispetto a quelle nella mente di un singolo individuo. Ha esaminato i percorsi nel comportamento umano, nella storia, nei miti, che trascendono dal tempo o dalla cultura. Credeva che tali percorsi possono essere spiegati attraverso l’inconscio collettivo, visto come una serie di percorsi ereditati che si sono evoluti attraverso la storia umana e predisponendo le persone a pensare in un determinato modo. E le persone che sono più in grado di entrare all’interno di questo inconscio collettivo sono quelle più capaci di produrre l’attività creativa ad altissima qualità.
Rothenberg (1990) e Miller (1990) erano particolarmente interessati nelle relazioni tra i traumi e neurosi subite, soprattutto nell’infanzia, e la creatività.
Rothenberg ha identificato i processi specifici del pensiero che credeva che venivano usati dalle persone creative. Il primo processo è quello janussiano che vedeva come una procedura conscia e razionale, in cui gli opposti vengono considerati simultaneamente e considerati equamente veri. Il secondo processo di Rothenberg è quello omospaziale, in cui due o più entità occupano lo stesso spazio allo stesso momento. Questo processo porta allo sviluppo delle metafore. E con una serie di sperimenti, ha dimostrato che il processo omospaziale può, almeno in parte, essere insegnato…
Anche se Rothenberg era interessato nei processi inconsci, la sua descrizione della creatività lo caratterizza come essere sotto controllo conscio da parte del creatore – il controllo sano, logico delle connessioni mentali illogiche.
Teorie comportamentali e associazionali.
I psicologi associazionali vedono le attività umane come risultato di una serie di stimoli e risposte ad essi.
Skinner credeva che gli individui agiscono solo in base alla loro storia di rinforzamenti passati. Se le azioni erano seguite da conseguenze piacevoli, era probabile che venivano ripetute. Se non erano piacevoli, era molto improbabile che una persona le avrebbe ripetute ancora. Ogni azione viene vista come risultato della storia precedente del creatore e gli stimoli e risposte che ha vissuto. E quindi non esiste, secondo lui, un comportamento o idea veramente originale, esse sono solo il prodotto inevitabile delle esperienze uniche di ciascuno.
Mednick (1962) vedeva le cose allo stesso modo come Skinner, stimoli e risposte, ma ha teorizzato che le idee creative risultano da un particolare tipo di risposta – il mettere insieme delle idee remote, non collegate. Questo processo è influenzato da vari fattori:
- individui devono avere gli elementi necessari nel proprio repertorio
- devono avere una rete complessa di associazioni con lo stimolo – più alto è il numero di associazioni diverse per uno dato stimolo, maggiore è la probabilità che le idee remote vengano connesse
Altri comportamentalisti, come Glover e Gary (1976) hanno studiato gli effetti dei premi sul comportamento. Hanno trovato che specifici tipi di pensiero creativo (fluidità, flessibilità, originalità, elaborazione) aumentano quando sono premiati.
Negli ultimi anni però questa influenza dei premi è stata fortemente contestata, particolarmente in compiti che richiedono il pensiero divergente, motivazione intrinseca e creatività.
Teorie umanistiche.
Queste teorie non sottolineano né le neurosi né rinforzo come forze predominanti nella psicologia umana. Invece, esse si concentrano sulla normale crescita e lo sviluppo della salute mentale. Esse vedono la creatività come culminazione di uno sviluppo mentale ben strutturato.
Maslow (1954) ha definito la gerarchia dei bisogni umani che può essere riscontrata nelle persone, a partire da bisogni fisiologici fino a progredire ai bisogni per la sicurezza e salute, amore e appartenenza, stima personale e auto-compimento. In cima alla sua gerarchia troviamo la auto-attualizzazione dell’individuo come essere umano pienamente funzionale.
Ma non è riuscito a collegare le sue idee riguardo la creatività con i comportamenti apparentemente insalubri di creatori come Wagner o van Gogh. E per spiegare questi, ha definito due tipi di creatività:
- talento creativo speciale, indipendente dalla bontà o salute del carattere
- creatività auto-attualizzante, come manifestazione della salute mentale e movimento dell’individuo verso la cima del suo albero gerarchico
Secondo Maslow, le persone che hanno un alto livello di auto-attualizzazione tendono di fare tutto in maniera creativa. Sono più spontanee e espressive rispetto alla media, più naturali, e con meno inibizioni. L’abilità di esprimere liberamente le proprie idee è essenziale per questo tipo di creatività e può essere paragonata alla innocente, felice creatività dei bambini. Le persone con questo tipo di creatività non hanno paura dello sconosciuto e sono meno influenzabili dalle opinioni altrui.
Rogers (1961) vedeva anche lui la creatività come conseguenza della crescita umana, attraverso l’interazione di un individuo con l’ambiente circostante.
La prima caratteristica individuata da Rogers è stata l’apertura alle nuove esperienze. Credeva che gli individui creativi sono liberi di difese psicologiche che gli proibiscono di esplorare il loro ambiente. Quindi, questi individui sono sempre pronti a vivere esperienze fuori dalle categorie tradizionali, di considerare nuove idee e di tollerare l’ambiguità.
La seconda caratteristica individuata da Rogers è la valutazione interna delle esperienze, ossia fidarsi del proprio giudizio della propria prestazione e non di quello che dicono gli altri. Sia in positivo che in negativo. La prestazione viene giudicata di essere soddisfacente quando lui personalmente si sente felice, e questo è l’unico parametro per valutarla.
La terza caratteristica di Rogers è l’abilità di giocare con elementi e concetti. Di immaginare possibili combinazioni e di generare ipotesi anche pazze.
Quando sono presenti tutte e tre queste caratteristiche, può svilupparsi il naturale tratto umano della creatività.
Creatività e interazioni sociali.
Lo sviluppo della creatività nel tempo ha avuto relativamente poche ricerche. Uno dei studiosi però è stato Vygotsky negli anni 1930.
Egli credeva che l’immaginazione creativa nasce nel gioco dei bambini, nel loro utilizzo degli oggetti attraverso il gioco simbolico. E considerava che questo è la chiave per lo sviluppo dell’immaginazione. Lui ha definito due tipi di immaginazione:
- immaginazione riproduttiva, dove l’individuo immagina cose dalla memoria
- immaginazione combinatoria, dove l’individuo combina gli elementi delle esperienze precedenti nelle situazioni o comportamenti nuovi
Ma nonostante l’importanza delle esperienze da bambini, queste secondo Vygotsky erano solo la fase iniziale, in quanto l’immaginazione di un adulto è sicuramente più ricca rispetto a quella di un bambino. Quindi l’immaginazione del bambino si sviluppa, raggiungendo la maturità nell’età adulta. Questa creatività adulta è un processo di pensiero diretto consciamente in cui l’individuo cambia e combina le idee nelle specifiche condizioni sociali per creare le opere d’arte, invenzioni o conclusioni scientifiche.
Lo sviluppo di questa creatività è influenzato da linguaggio interno, educazione e il pensare in concetti. Secondo lui, qualsiasi inventore, anche un genio, è sempre una pianta che cresce in un determinato tempo e ambiente. La sua creatività nasce dai bisogni che incontra sul suo percorso, anche attraverso l’apprendimento e interazione con le altre persone.
Vera John-Steiner (2000) è la teorica contemporanea influenzata dalle idee di Vygotsky. Lei asserisce che i processi o idee creative non si sviluppano negli individui ma attraverso le interazioni tra gli individui all’interno del loro contesto socio-culturale.
Intelligenza e cognizione.
La correlazione tra la creatività e intelligenza è: DIPENDE. Secondo le teorie più accettate, sotto un certo livello di IQ (120) c’è una correlazione forte e positiva tra la creatività e intelligenza. Sopra invece, questa correlazione non esiste. Una persona altamente intelligente può essere più o meno creativa.
Guilford (1959, 1986, 1988) ha costruito la Struttura dell’Intelletto, un modello complesso di intelligenza che include 180 vari componenti, combinati in funzione del contenuto, operazioni e prodotto. Ogni componente può essere associata con una particolare abilità intellettuale. Questo modello include anche il pensiero divergente, ossia dare più risposte possibili a una data domanda, come uno dei processi base dell’intelligenza. I componenti del pensiero divergente includono la fluidità (generazione di molte idee), flessibilità (generare diversi tipi di idee dalle prospettive diverse), originalità (generare idee inusuali) e elaborazione (miglioramento delle idee attraverso varie aggiunte).
Perkins (1981, 1988, 1994) ha esaminato i legami tra processi cognitivi ordinari e straordinari. Ha notato che molte teorie e idee riguardo alla creatività hanno le loro origini nelle autobiografie degli individui creativi che, secondo lui, sono altamente inaffidabili, in quanto gli individui dovrebbero ricordarsi dell’esperienza che li ha portati alla creazione, anche a distanza di molti anni, in dettaglio sufficiente per capirla. E inoltre, devono essere onesti riguardo ad essa. E questo ultimo fattore è spesso quello non corretto in quanto molti famosi personaggi hanno tentato di descrivere i loro sforzi creativi in una maniera tale che aumenta la misticità della soluzione o per aumentare la propria reputazione.
Una sorgente più accurata e completa per capire il processo creativo è l’auto-relazione immediata dopo l’esperienza, fatta o durante o immediatamente dopo la fine del processo. Questi sperimenti non facevano intravedere la fase tradizionale dell’incubazione oppure processi di pensiero creativo in un blocco unico. Lui vedeva i processi creativi come processi mentali ordinari, usati in maniera straordinaria. E la chiave per la creatività non è il processo, ma lo scopo.
Weisberg (1986, 1988, 1993, 1999) ha anche lui legato la creatività ai processi cognitivi familiari a tutti. Ha inoltre mostrato che le soluzioni ai problemi arrivano, non come un cambiamento improvviso, ma come incrementi graduali basati sull’esperienza. Tutte le scoperte creative hanno avuto inizio attraverso la sperimentazione dei metodi comuni, e solo quando questi fallivano venivano sperimentate opzioni diverse, ciascuna incrementando la conoscenza rispetto all’idea precedente. Quindi la soluzione arrivava non come un balzo creativo improvviso, ma come estensione delle esperienze precedenti.
Weisberg ha inoltre affrontato l’idea del pensiero divergente e ha dichiarato che la creatività non è associata con pensiero divergente in ambienti di ricerca scientifica, dove si parte da un’idea e poi, con passi incrementali, si passa a quella successiva. E le idee che appaiono creative emergono, non come prodotti geniali, ma pezzo per pezzo come parte di uno sforzo lungo, in costante evoluzione. E l’innovazione emerge dall’interazione delle esperienze precedenti e il problema che si ha in mano.
Secondo Weisberg, la creatività può essere rafforzata in due modi:
- aumentando la conoscenza (permettendo alla persona di costruire sulle esperienze precedenti)
- aumentando lo sforzo e persistenza (permettendo di costruire anche quando i tentativi iniziali falliscono)
E lui che ha definito la regola dei 10 anni (o 10.000 ore in una certa attività, che ho menzionato nel post che parlava del libro Outliers di Malcolm Gladwell), che dice che sono necessari molti anni di apprendimento e pratica prima di raggiungere il livello della maestria costruendo le opere d’arte, in un campo qualsiasi. E che l’immersione nella disciplina è la chiave al comportamento altamente creativo. Ha suggerito che, se avessimo accesso alla completa conoscenza della persona che ha inventato qualcosa, saremmo perfettamente in grado di capire da dove questa idea ha originato, e si è sviluppata come conseguenza logica delle idee esistenti.
Cognizione creativa è stata elaborata da Ward, Smith e Vaid (1997) in quattro categorie generali:
- combinazione dei concetti
- espansione dei concetti
- metafore, analogie e modelli mentali
- intuito, immaginazione e risposta alla recente conoscenza
La teoria della cognizione creativa suggerisce che una persona intrinsecamente motivata persiste su un concetto abbastanza a lungo per trovare un’idea nuova e interessante, ma usa sempre gli stessi processi per farlo. Più o meno confermando quello che diceva Weisberg.
Approcci sistemici.
Le ultime teorie, e anche le più complesse, approcciano la creatività come una interazione tra l’individuo e il mondo esterno. In queste teorie, i meccanismi della mente non sono sufficienti da soli per spiegare il processo creativo. Essi devono essere posizionati in un contesto dell’ambiente esterno, social-culturale.
Feldman (1988, 1994, 1999) ha una prospettiva sistemica attraverso lo sviluppo. Ha elencato sette dimensioni che possono influenzare il processo creativo, attraverso i quali si sviluppa la creatività:
- processi cognitivi
- processi sociali ed emotivi
- processi legati alla famiglia e alla crescita
- educazione e preparazione, sia formale che informale
- caratteristiche del dominio in cui vive
- aspetti socio-culturali
- forze storiche, eventi e trend
Secondo lui, tutti gli esseri umani subiscono trasformazioni individuali man mano che i loro sistemi cognitivi rispondono alle interazioni con il mondo esterno. Ha inoltre difeso l’importanza dell’intuito e dell’inconscio nel processo creativo, presentando un modello di creatività comprendente tre elementi:
- la tendenza naturale della mente di prendersi le libertà su cosa sia vero, che è la base del processo di trasformazione
- il desiderio conscio di fare un cambiamento positivo in qualcosa di reale
- gli sforzi creativi sono ispirati dai risultati degli sforzi precedenti
Esiste anche la teoria di investimento legata alla creatività, proposta da Sternberg e Lubart (1991, 1993) che dice che per raggiungere la creatività bisogna comprare con poco e vendere a tanto.
Wallace e Gruber (1989) hanno descritto vari percorsi alternativi per trovare la creatività:
- primo, detto “Holly Cow!” cerca tratti o abilità speciali, inspiegabili
- secondo, detto “niente di che” descrive processi creativi come niente di straordinario
- terzo, è di concentrare l’attenzione sul modo in cui una persona creativa è organizzata come metodo unico per riconoscere, prendere e fare un nuovo compito assegnato
Lo scopo è di trovare e individuare una serie di piccoli intuiti occorsi nel tempo che hanno permesso la scoperta creativa. Ogni persona creativa è unica nei modi che sono rilevanti per le sue scoperte creative…
Csicszentmihalyi (1988, 1990, 1996, 1999) ha presentato un modello di creatività basato su tre elementi:
- la persona
- il dominio
- il campo
Questo modello cambia la domanda da “Cosa è creatività?” a “Dove è la creatività?”. Esamina la creatività per descriverla come “la trasformazione del sistema culturale e l’incorporazione della novità nella cultura”.
Lui non vede la creatività come caratteristica di particolari persone o prodotti, ma come interazione tra le persone, prodotti, e ambiente. Poi, gli individui non possono creare nel vuoto assoluto. Hanno bisogno di un dominio. Un matematico deve essere bravo in matematica… Ma la sola conoscenza del dominio non è sufficiente per influenzare la produzione creativa. Le variazioni arrivano anche all’interno del contesto di un campo, ossia della struttura sociale del dominio. Il campo comprende le persone che possono influenzare la struttura di un dominio. E’ difficile raggiungere l’aura della persona creativa in un dominio senza essere prima valutati da una porzione valida dello stesso dominio in una esposizione pubblica… Ma non si viene solo giudicati dal campo. Si viene anche creati all’interno dello stesso. E le interazioni sono spesso molto complesse e possono variare significativamente nel tempo.
Gardner (1993) ha ampliato il pensiero di Csicszentmihalyi e ha definito cinque tipi di attività nelle quali possono essere coinvolte le persone creative:
- risolvere un particolare problema
- elaborare uno schema generale di un concetto
- creare un prodotto
- facendo una prestazione spettacolare
- facendo grande prestazione quando la posta in palio è alta
MacKinnon (1978) ha elencato le sette caratteristiche delle persone creative:
- persone creative sono intelligenti
- persone creative sono originali (unito al fatto che generano molte idee, e tra queste si trovano anche quelle originali…)
- persone creative sono indipendenti
- persone creative sono aperte alle nuove esperienze, curiosi, ricettivi, vogliosi di imparare
- persone creative possono tollerare confusione e ansietà
- persone creative sono intuitive – cercano significati nascosti, potenziale, metafore, implicazioni o usi alternati delle cose che hanno visto, sentito o imparato
- persone creative hanno un forte senso del destino
Amabile (1996) studiava le circostanze che conducono alla creatività. Ha trovato che ambiente sociale può avere un effetto grande sulla creatività, in particolare attraverso la motivazione. Così ha sviluppato il modello a componenti della creatività, composto da tre parti:
- capacità legate al dominio – conoscenza del dominio, capacità tecniche
- processi legati alla creatività – stile cognitivo, conoscenza implicita o esplicita dei mezzi per generare idee innovative, stile di lavoro basato sul duro lavoro, perseveranza dell’individuo sul compito nel tempo
- motivazione per il compito – motivazione intrinseca: interesse, competenza, soddisfazione, auto-efficacia, auto-determinazione
Con quest’ultima scienziata finisco la carrellata della storia (recente) della creatività. Come si vede, non ci sono risposte sicure e definite. Ma ciò che emerge da quasi tutti gli ultimi studi è lo sviluppo per piccoli passi della creatività, incrementando la maestria nel tempo e combinandola con l’ambiente e i problemi che si affrontano per creare prodotti, processi o soluzioni migliori.
In pratica il miglioramento continuo, quello utilizzato dal lean thinking…
Poi ci sono anche i momenti di luce improvvisi, ma anche questi basati sulla conoscenza ed esperienza personale precedente, emersi dalla combinazione dei fattori che uno conosceva.
La creatività e l’innovazione si crea nel tempo e con la conoscenza, e non nasce spontanea.
Chi vuole essere creativo deve iniziare oggi a studiare il proprio campo a fondo e a collegare i concetti in esso. Poi le idee arrivano dalla combinazione di queste esperienze che si raccolgono nel tempo. Una lezione per tutti…
Il materiale per questo articolo è stato raccolto nei vari articoli e libri disponibili in rete.