Questione di fondamentali…

…o, Perché vincono sempre gli stessi…

L’altro giorno ho letto un articolo che parlava del basket NBA, e dei segreti del più vincente allenatore della storia, Phil Jackson, e del suo famosissimo attacco “Triangle Offense” o, in termini nostrani, attacco triangolo.

Molti altri allenatori sostengono che l’attacco triangolo è troppo complesso, troppo difficile da insegnare, che non potrebbe funzionare con i loro giocatori ecc. Le solite scuse che sentite tutti i giorni nelle vostre aziende: Perché qui non funzionerà, Perché qui siamo diversi ecc.

Invece l’allenatore che è riuscito a portare a casa 11 campionati sugli ultimi 20, dice che si tratta di un attacco molto semplice, bisogna solo insegnare i giocatori ad eseguire i fondamentali. Ecco le sue parole:

Il problema con l’attacco triangolo è che dovete insegnare ai giocatori il più fondamentale dei fondamentali: movimento dei piedi. Dove vi trovate sul campo in ogni situazione del gioco. E se avete in squadra un giocatore che vuole attaccare e segnare ad ogni azione e ogni volta che tocca la palla, esso andrà a distruggere questo tipo di attacco.

Phil è conosciuto tra i suoi giocatori anche come Maestro Zen, in quanto pratica la disciplina giapponese da svariati decenni. E una frase di questo tipo non è per niente sorprendente: nell’arte dello zen nessun particolare viene lasciato al caso, ogni cosa viene fatta per un determinato motivo, ha il suo perché. E il lean thinking ha preso molte cose dallo zen, visto che nasce dalla stessa area geografica e dalla stessa cultura giapponese.

Provate a tradurre questa frase in termini di business e azienda. Supponiamo di avere due aziende che fanno lo stesso prodotto, con le stesse attrezzature. Chi è che vince sul mercato? Sempre colui che esegue meglio i fondamentali, colui che è più efficiente nell’eseguire il lavoro standard. E come si insegna il lavoro standard? Come si insegnano i fondamentali? Passo per passo, sotto la supervisione di un sensei, con il processo descritto nell’articolo Shu Ha Ri.

Vince sempre chi è meglio in grado di insegnare come muovere i piedi, come eliminare gli sprechi, come realizzare un processo più collegato ed efficiente. In questo modo si hanno minori costi di produzione, e quindi si è più competitivi sul mercato.

Niente scuse, niente bizze dei suoi giocatori superstar (ricordo che ha allenato alcuni tra i più grandi interpreti del gioco quali Michael Jordan, Shaquille O’Neal e Kobe Bryant), solo il paziente insegnamento dei fondamentali, del dove devi trovarti in determinate situazioni di attacco, per renderlo efficace ed efficiente. Nell’articolo è scritto che ci vuole, per un giocatore normale, circa un anno di tempo per assorbire e capire a fondo tutti i meccanismi, ossia quello che nel shu ha ri vuol dire essere esperti e autonomi nel lavoro che si sta facendo, superando la fase Ha.

Quanti dirigenti nelle aziende hanno la pazienza di aspettare un anno prima di vedere i propri uomini rendere al massimo? Pochi, vero? Ma sì, diamogli qualche spiegazione, facciamogli vedere come funziona e poi se non è capace, lo incolpiamo per non aver capito niente. Invece no, il lean, il shu ha ri, il buon Phil, tutti i giorni, con molta pazienza, insegnavano i fondamentali, fino a quando essi non diventavano la seconda natura nelle persone che eseguono. E poi i titoli arrivavano, sia nello sport, sia in forma successo per la vostra organizzazione…

Autore

Ciao, sono Dragan Bosnjak e sono qui per guidarti nella scoperta del mondo di lean thinking!

3 comments… add one
  • Gabriele Feb 8, 2012, 10:45 am

    Quale momento migliore per consigliarti il suo bellissimo libro “basket e zen”?

  • Gabriele Feb 8, 2012, 11:25 am

    Ti consiglio vivamente il suo libro “basket e zen”, l’ho letto qualche anno fa ma mi torna sempre utile nel lavoro di squadra

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