Cécile Roche ci chiede su The Lean Edge la seguente domanda:
Standards of work: an individual or a collective discipline? I understand that standards are the basis of respect in Lean, established, followed and improved at a team level as the better way to identify successes and failures (and then act .). How to balance the individual effort of everyone and the collective contribution of the team?
ossia
Gli standard di lavoro: una disciplina individuale o collettiva? Capisco che gli standard sono la base del rispetto nel lean, stabilita, seguita e migliorata a livello della squadra, come il modo migliore di identificare i successi e i fallimenti (e poi agire). Come possiamo bilanciare lo sforzo individuale di ciascuno e il contributo collettivo della squadra?
Ottima domanda, direi.
Ma per me, si tratta di una domanda con una risposta molto semplice: gli standard servono come fondamento dello sviluppo delle persone e della leadership, con il famoso metodo del shu ha ri. Il primo compito dello standard è quello di descrivere l’attuale modo migliore di fare le cose. Permette, dunque, di stabilire una linea di partenza per imparare l’attuale procedura migliore, per chiunque stia imparando. Si tratta del puro e semplice miglioramento individuale, per passare da una condizione di non conoscenza del processo ad una condizione in cui il processo viene eseguito seguendo una procedura stabilita (appunto, il lavoro standard).
Ma non finisce qui. Questo, come detto, è solo la prima (e forse una parte della seconda…) fase del processo shu ha ri. La terza fase del processo è quella di essere talmente esperti nel lavoro standard che potete inserire in esso delle variazioni che andranno a migliorarlo. Ciò vuol dire che lo conoscete a tal punto che potete cambiarlo per il meglio senza danneggiare la sicurezza, qualità, tempi o produttività del processo. Questo processo di miglioramento del lavoro standard, per me, è la dimostrazione della collettività della standardizzazione. Perché collettività? Perché quel miglioramento non lo facciamo per noi stessi, lo facciamo per il bene dell’organizzazione, per il bene della nostra squadra. Solo nel caso che vogliamo nascondere quel miglioramento dagli altri, questo bene resta solo a noi e non si rispecchia nel miglioramento del successo dell’intera organizzazione.
Ed è proprio quello che spesso vediamo nelle nostre aziende, purtroppo… Non vi è per caso mai capitato che avete un vecchio operaio nel reparto che conosce tutti i “segreti” del processo e temete il giorno quando dovrà andare in pensione in quanto non ha mai trasmesso niente ai giovani? Sono sicuro che tutti avete una situazione del genere nelle vostre aziende, in un processo o in un’altro. Perché avete permesso una situazione del genere? L’avete permessa non perché quel individuo non voleva condividere, generalmente tutti vogliamo bene per la nostra azienda e anche per la sua prosperità futura. L’avete permessa perché non avete stabilito degli standard di base e il processo di sviluppo individuale delle persone, che conteneva la condivisione delle migliori pratiche…
E’ rarissimo vedere un’azienda dove le migliori pratiche e il perché di esse vengono diligentemente registrate e raccolte. Dove i problemi vengono raccolti, risolti e le azioni fatte insieme alle motivazioni riportate poi nello standard attuale per rispecchiare il modo migliore attuale di fare le cose. Invece proprio questo è ciò che distingue le aziende che migliorano a lungo termine e le aziende che vivono di ricordi individuali e della buona volontà delle persone a condividere.
Il mio libro Progettare Costi e Valore spiega come vengono gestiti i problemi nella progettazione e come viene raccolto il know-how dell’azienda. Pensate che il raccogliere di tutti i dati e i fatti sia uno spreco di tempo? Allora continuate a vivere alla giornata, fidandovi dei ricordi individuali delle persone. A proposito, cosa avete mangiato a pranzo lunedì scorso? Non lo ricordate? Se lo segnavate, ve lo ricordavate, vero? Questo è il know-how collettivo dell’azienda…