Gestione del cambiamento #4

Per leggere gli appuntamenti precedenti di questa serie, potete cliccare sui seguenti link: #1, #2, #3.

In questi articoli precedenti abbiamo parlato della “pecora nera” e dei “punti critici”.

Oggi invece voglio parlare della destinazione, del dove si vuole arrivare e del capire il perché.

Chiamerò questo metodo “punta alla destinazione”, per essere in linea con gli articoli precedenti.

E’ facile dire: “Dobbiamo cambiare”. Ma è molto più difficile realizzarlo. E la realizzazione è tutto.

Pertanto, per cambiare, dobbiamo conoscere dove vogliamo arrivare. Dobbiamo conoscere la destinazione.

Di cosa abbiamo bisogno nella definizione della destinazione?

Sicuramente non è sufficiente dire che bisogna cambiare e poi lasciare alle persone che si arrangino da sole. Così il cambiamento non avverrà mai.

Bisogna dare alle persone una destinazione concreta. E motivante. Significativa.

Cosa vuol dire concreta e motivante?

Ve lo spiego con un famosissimo esempio di JFK. Vi ricordate la sua famosissima frase: “Entro questo decennio l’uomo camminerà sulla Luna”?

Secondo voi è concreto? Ha descritto esattamente quello che è l’obiettivo, che in quel momento poteva anche essere solo un sogno, ma con lo sviluppo della tecnologia era abbastanza lecito e concreto pensare che sarebbe stato realizzabile.

Secondo voi è motivante? Altro che. Più motivante di così…

Ce l’hanno fatta? Beh, questo è storia…

Un obiettivo concreto e motivante che punta diritto alla destinazione riesce a muovere le masse, tutte allineate nella stessa direzione. Quello che dovrebbe essere lo scopo della visione di una organizzazione. E che spesso viene saltato…

Secondo voi, se avesse detto: “Il nostro obiettivo è di sviluppare le tecnologie aerospaziali, investendo anni del nostro tempo e denaro in duro lavoro” avrebbe avuto lo stesso successo? Avrebbe motivato le persone? Avrebbe dato una direzione chiara e concreta? Alla fine il risultato del suo obiettivo è stato quello, ma l’obiettivo è stato definito in maniera completamente diversa…

Come destinazione bisogna evitare le metriche. Anche se queste sono concrete, le metriche spesso ci portano alla non azione, come spiega anche Mark Graban in un suo recente articolo. E’ molto meglio definire una condizione, uno stato concreto dove si vuole arrivare.

Non è raccomandabile neanche dare ordini alle persone, questi non motivano. Ad esempio, se scrivete che è obbligatorio lavarsi le mani prima del pasto, questo è un ordine, e gli ordini sono fatti per essere disattesi, soprattutto nel nostro paese… Puntate invece al risultato di questo comportamento che volete che sia seguito: ad esempio mettete un poster in ingresso della mensa di una persona che mangia con le mani sporche e chiedete “Secondo voi, questo è igienico?”. Vedrete che tutti laveranno le mani…

Avete qualche esempio simile da mostrarci?

Autore

Ciao, sono Dragan Bosnjak e sono qui per guidarti nella scoperta del mondo di lean thinking!

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