In questi ultimi anni tantissime aziende italiane hanno fatto la loro decisione di portare la loro produzione all’esterno (e all’estero…) dove speravano di trovare ambienti dove possono essere ridotti i costi produttivi in quanto la manodopera costava nettamente meno che in Italia. Ma questa scelta, di fare l’outsourcing nei paesi del terzo mondo, è una scelta giusta?
Cosa comporta il fatto di portare fuori la vostra produzione? Sicuramente la prima cosa che penserete è il fatto che i costi della manodopera sono più bassi di quelli che mai potrete avere in casa. E questo può essere stata la molla che vi ha spinto di andare via. Ma non avete pensato a certi altri fattori:
- Distribuzione e trasporto come vengono gestiti tra voi e il vostro partner in outsourcing?
- Quale è la vostra flessibilità e tempo di reazione (prontezza di riflessi…) nel caso che le condizioni di mercato cambino?
- Quali sono i magazzini che dovrete gestire per assorbire i lotti minimi per riempire ad esempio un container di merce?
- Cosa comporta l’outsourcing per l’economia locale? Se tutti decidessero di portare via la produzione e di gestire solo i servizi, di cosa si occuperebbe la gente locale? Sarebbe stato un bene o un male?
- Quali sarebbero le conseguenze sui vostri tempi di consegna?
- Come sarebbe collegata la catena di valore?
- Quali sarebbero le conseguenze sulla qualità dei vostri prodotti (da notare che le persone che vengono assunte all’estero devono essere formate e addestrate per fare il lavoro…)
Questi, e molti altri fattori simili, vengono ripresi benissimo in una lettera di Bill Waddell al Governo Americano, ma attuale in tutto il mondo occidentale: The Hollow American Economy. L’articolo può essere scaricato liberamente sul sito dell’autore e ne condivido pienamente il contenuto.
E anche alcune società italiane cominciano a capire che il solo fatto che i costi della manodopera all’estero siano più bassi non è sufficiente per spostarvi tutto il know-how aziendale. E cominciano a rientrare e pensare in logica lean: perché non andiamo a snellire i nostri processi, a tenere i magazzini più bassi e rispondere al cliente con prodotti innovativi in tempo reale? Ho letto da qualche parte che il sig. Bauli riporta in Italia il marchio Motta. Questo è un tipico esempio di insourcing che serve per gestire e superare la crisi nella quale ci troviamo. E non dobbiamo piangere che non ci sono condizioni di produrre in Italia: queste ci sono e ci saranno sempre, bisogna solo essere abbastanza bravi a gestire le aziende, eliminare gli sprechi interni, e allora il costo della manodopera (che ammonta generalmente fino al 99% di ciò che si fa nelle aziende non lean…) diventa solo una briciola insignificante.
E non si ha bisogno di andare all’estero in outsourcing…