E-lettera di John Shook: Steve era lean?

Nella sua ultima e-lettera, John Shook, CEO della LEI, si interroga se Steve Jobs era lean. Io avevo scritto l’articolo settimana scorsa in omaggio alla sua vita e come ricordo di questo personaggio che resterà nel mito e nell’immaginario collettivo per molti secoli.

Vediamo cosa dice:

Non conosco molte cose della Apple. L’unico gemba che ho visitato erano gli Apple store (non so se essi sono lean, ma vanno lontano nella soluzione dei problemi dei clienti) e alcuni (lontani dal lean) fornitori in Asia orientale.

Dalla sua morte, i confronti di Steve Jobs con i grandi innovatori e industriali del passato erano tantissimi, con Thomas Edison e Henry Ford tra i più menzionati. Il confronto con Edison è sicuramente fuori tema in quanto considero Edison prima come un inventore e poi come un businessman, con poco interesse e attitudine di lavorare sul collegamento tra le sue invenzioni e la commercializzazione.

Anche se sono conosciuti come innovatori, il segreto di successo di Jobs e di Ford non era che hanno inventato qualcosa di simile alla lampadina. Ford non ha inventato l’automobile. E non ha neanche inventato l’idea della produzione a flusso né di parti intercambiabili. Allo stesso modo, Jobs non ha inventato il PC, l’interfaccia grafica, il lettore musicale, il telefono, il tablet. Ciò che Jobs ha fatto, come Henry in passato, era di mettere tutto insieme come un unico pacchetto. E i pacchetti che hanno sviluppato erano innovativi e completi oltre ogni immaginazione.

I paralleli istruttivi tra Jobs e Ford vengono facilmente. Il ruolo critico di Ford nella storia di lean thinking è ben stabilito – era il primo a raggiungere un flusso produttivo sostenuto su grande scala, e il flusso produttivo è l’obiettivo operazionale di un qualsiasi sistema lean. Ford è diventato il più ricco e famoso industriale della sua era attraverso l’introduzione di un prodotto rivoluzionario. Ma ciò che era veramente rivoluzionario riguardo a Ford era che aveva impacchettato un prodotto rivoluzionario con un processo produttivo e modello di business ancora più grande.

Entrambi gli uomini erano conosciuti altrettanto per il loro temperamento non facile. Erano duri, abusivi, fiduciosi fino al punto di essere irrispettosi del punto di vista degli altri – non esattamente impersonando il principio lean del “rispetto per le persone”.

Jobs e Ford hanno condiviso un inseguimento continuo per il miglioramento – fino a quando erano in carica. Il kaizen quotidiano praticato da tutti non era proprio la base del loro approccio lavorativo; non necessariamente accettavano il punto di vista degli altri, certamente non dei lavoratori che costruivano i loro prodotti. Ford è applaudito per supportare la sua forza lavoro tramite azioni quali istituzione dello stipendio di 5$ al giorno e stabilendo la Ford English School per dare agli operai l’educazione di cui avevano bisogno. Ma queste mosse – anche se lodabili – erano prevalentemente orientate a lui stesso (anche qui, niente da obiettare, naturalmente). Aveva bisogno di attrarre operai in numeri mai visti prima. Aveva fatto i suoi calcoli e sapeva che non avrebbe avuto nessun problema a pagare uno stipendio così alto agli operai. Il fatto che gli operai poi potevano permettersi i prodotti che facevano era solo un bel bonus. Invece riguardo la scuola – i lavoratori imparavano inglese e anche le maniere americane in modo tale da poter diventare cittadini migliori – dal punto di vista di Ford era capace di attrarre i nuovi (probabilmente sarà documentato da qualche parte?) immigranti per lavorare in maniera efficace sulle sue linee di assemblaggio.

Uno dei paralleli più interessanti tra i due uomini può essere trovato nel loro pensiero riguardo le supply chain. Ford era diventato il più famoso proponente della integrazione verticale estrema. Integrazione verticale era, negli occhi di Ford, un modo per estendere il flusso da parte a parte. Nota, comunque, che Ford non ha mai esteso l’integrazione ai rivenditori, come ha fatto Jobs più tardi.

In maniera simile, Jobs ha mantenuto molte operazioni in casa rispetto a chiunque altro nella sua industria. Ha fatto la progettazione di hardware, software, sistema operativo, servizi web, dispositivi di consumo, anche la distribuzione, insistendo sulla integrazione completa e fluida tra di loro. E ha mantenuto questo approccio durante un epoca quando era completamente discreditato all’interno della sua industria e oltre, un tempo quando i teorici accademici, consulenti, e praticanti industriali tutti predicavano le virtù dell’outsourcing completo delle operations, per concentrarsi invece su poche competenze chiave. (Interessante è il fatto che i Macintosh erano per prima prodotti in uno stabilimento fatto in maniera esemplare, che usava “just-in-time manufacturing”, in Fremont CA, a distanza di pochi metri dallo stabilimento NUMMI, iniziando nel 1984, esattamente lo stesso momento in cui Toyota e GM stavano preparando di riaprire li la vecchia fabbrica della GM.)

Riguardo la catena di fornitura in specifico, Jobs, a differenza di Henry Ford, non ha tentato di mantenere la produzione di componenti in casa, ed è solitamente etichettato come colui che inseguiva il modello della sua industria che imponeva il prezzo più basso produttivo a livello globale. Realmente, Jobs seguiva il modello modificato dell’integrazione verticale, per niente diverso dalla Toyota. Toyota non ha seguito né il modello di estrema integrazione verticale della Ford e quindi di essere proprietario di fatto di tutti i suoi fornitori, né il modello modulare di fornitura della Dell ed altri che davano il contratto a chi gli offriva il prezzo più basso. Invece, Jobs ha deciso di lavorare vicino con un piccolo gruppo di fornitori con cui (da quanto ne so) avrebbe sviluppato relazioni strettissime. Questo approccio, direttamente in faccia al modello della Dell, che era quello più acclamato dagli analisti degli investimenti e professori ai corsi per MBA. Non molto diverso dalle azioni di Ford, i motivi di Jobs non erano altruistici; il suo obiettivo era il controllo della situazione.

Questo ci porta all’accusa della pratica meno lean possibile: l’apparente mancato di rispetto di Jobs verso gli operai che costruivano i suoi prodotti dall’altra parte del mondo. Mentre strutturalmente la catena di fornitura di Jobs aveva similitudini enormi con quella della Toyota, nel caso della Toyota si investiva un grande sforzo per estendere il rispetto in forma di coinvolgimento di tutti gli impiegati, inclusi gli operai in fabbrica. Non il vecchio slogan della Ford di “escludere il cervello all’ingresso” – il coinvolgimento della mente della persona nel kaizen quotidiano era incoraggiato e atteso nella Toyota.

Ma il parallelo che fa più pensare tra i due uomini era nel loro approccio e successo fenomenale con innovazione prodotto-processo. Jobs, come Ford, era convinto che sapeva di cosa avevano bisogno i suoi clienti meglio di loro stessi.

Ford è stato spesso citato per aver detto: “Se chiedevo ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero detto che volevano un cavallo più veloce.”

Allo stesso modo, Jobs diceva: “Non puoi chiedere ai clienti cosa vogliono e poi tentare di darglielo. Nel momento in cui lo hai costruito, vorranno qualcosa di diverso.” Jobs amava parafrasare la citazione di Wayne Gretzky che diceva che non pattinava dove il dischetto si trova in questo momento, ma dove andrà a finire in immediato futuro.

Entrambi gli uomini hanno preso decisioni non in base alle ricerche di mercato o feedback dei clienti, ma pensando alla visione di cosa potevano offrire i loro prodotti alle persone. Loro risolvevano i bisogni dei clienti, e non i loro desideri. Pensando bene, anche la Toyota mette gran parte delle proprie decisioni nelle mani dei chief engineer (capo modello), basandosi molto meno rispetto ai loro concorrenti sulla ricerca formale del mercato – nessun focus group, per favore!

La cosa interessante è che i prodotti di Jobs, di Ford e della Toyota avevano tutti un successo fenomenale, non solo perché introducevano tecnologia all’avanguardia ma perché lasciavano fuori tutta la tecnologia di cui le persone non avevano bisogno per creare prodotti semplici, user-friendly (che sarebbe stato detto anche del modello T della Ford se il termine fosse esistito all’epoca) e eccezionali esperienze per gli utilizzatori/clienti.

Il modello T della Ford era già un enorme successo prima che Ford avesse capito come farne enormi quantità di essi a basso prezzo nella sua linea di assemblaggio. In aggiunta all’eccezionale mobilità personale, modello T forniva un collegamento personale profondissimo con i suoi utilizzatori. Era personificato, gli venivano dati i nomi, veniva trattato come un membro della famiglia. C’è molto in comune tra il legame simil-umano creato tra la Tin Lizzy con la sua partenza a leva nel 1907 e il Mac con il suo schermo iniziale che diceva “hello” 80 anni più tardi.

Steve Jobs e Henry Ford sono importanti non a causa di qualche specifica invenzione tecnica. Molto più importante, Jobs nella sua era e Ford nella propria hanno capito la situazione sociale e tecnica così in profondità che erano in grado di integrare il prodotto, il processo, e anche il modello di business in maniera tale che erano trasformativi per i loro cliente, aziende… anche il mondo intero. Una delle citazioni più famose di Jobs, “Stay hungry, stay foolish.” (Resta affamato, resta pazzo). Mai essere soddisfatto, divertiti sempre. Sembra molto lean nelle mie orecchie.

Naturalmente, se Steve Jobs era o non lean non è una domanda importante. Ma come pensiamo di questa domanda può dire molto riguardo quello che pensiamo lean sia. Quindi, cosa ne pensate – Steve Jobs era lean?

I miei due centesimi: Se Steve Jobs fosse rimasto a produrre i suoi mela-prodotti in America, probabilmente sarebbe stato considerato uno tra i più grandi leader lean di tutti i tempi. Alla comunità lean non va giù il fatto che produceva tutto in Cina, a basso costo di manodopera. Può darsi che si è trattato di un errore. Sicuramente dal punto di vista logistico, portare tutti questi prodotti dalla Cina in tutto il resto del mondo (ma anche per il mercato asiatico…) aveva costi e difficoltà non da poco. Ma tutti questi problemi erano risolti in maniera esemplare da parte della Apple. Quindi non puoi dire che i clienti non erano soddisfatti del prodotto e di come gli veniva consegnato, ne dei tempi di consegna, anzi. Sarebbe forse stato molto più responsivo alla reale domanda se produceva nel mercato dove vendeva i suoi prodotti, potendo mirare le quantità per quel mercato e non sovrapprodurre. Ma la strategia di vendita e marketing dei prodotti (all’aggiornamento del prodotto le versioni precedenti venivano date a prezzi più bassi fino all’esaurimento delle scorte…) era tale che ogni eccesso di produzione veniva sempre e comunque smaltito, quindi non puoi neanche dire che la sovrapproduzione gli toglieva risorse e diventava lo spreco alla fine. Qualche mese di inventario rimanente tra un prodotto e l’altro viene sempre acquistato da chi non voleva acquistare il prodotto a prezzo pieno ma gli piaceva moltissimo. Quello che Steve ci ha insegnato è di inseguire la nostra visione. Di migliorare continuamente. Di non creare rivoluzioni ma di evolvere e semplificare i prodotti esistenti, in maniera tale che sembrino rivoluzioni. E poi è stato probabilmente il più grande studioso e inventore dei business model della storia. E non solo inventore, ma anche realizzatore. E questo è stato, secondo me, il suo più grande successo e insegnamento.

Adesso non ci resta che il ricordo, mentre quelli aldilà inizieranno finalmente a godere (Grazie Andrea! 😉 ):

Autore

Ciao, sono Dragan Bosnjak e sono qui per guidarti nella scoperta del mondo di lean thinking!

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