Shu Ha Ri

Il secondo articolo che tratta la lean leadership tratta dal libro The Toyota Way to Lean Leadership lo intitolo Shu Ha Ri.

Cosa vuol dire Shu Ha Ri?

Magari, chi è pratico di arti marziali giapponesi (karate in particolare) avrà sentito il concetto di kata, che è la base per insegnare moltissime operazioni complesse, dalla maestria del karate o anche della cerimonia del té.

All’inizio dell’insegnamento, lo studente ha il compito di imparare i fondamentali della procedura attraverso la continua ripetizione delle singole azioni, che poi vengono connesse in un insieme coordinato. All’inizio lo studente copia il maestro esattamente, senza alcuna domanda o variazione. Quando questa routine diventa naturale, automatica, lo studente può iniziare a trovare i propri adattamenti per migliorare su ciò che ha imparato, ossia la sua interpretazione.

Alla base del kata c’è il ciclo di apprendimento a livelli, detto in giapponese shu ha ri.

Quali sono questi livelli? Ce ne sono tre, come le parole di cui è composta la frase. “Shu” significa proteggere, “ha” significa allontanarsi dallo standard, “ri” significa libertà di creare.

Nella fase shu, lo studente sotto l’occhio attento del maestro, impara i fondamentali eseguendo ripetutamente il compito secondo gli standard precisissimi e rigidi. In questa fase lo studente è attentamente osservato dal maestro, che in un certo modo lo protegge dal fallimento.

Nella fase ha, lo studente ha maggiore libertà di esercitarsi senza stretta supervisione, anche se il maestro comunque tiene l’occhio su di lui. Lo studente può applicare le regole in maniera creativa, ma segue sempre la forma standard in maniera abbastanza rigida.

Nella fase ri, le regole e comportamenti sono diventati talmente ingranati nei movimenti dello studente che esso non deve più pensare di essi in maniera conscia.Le azioni vengono in maniera naturale, e lo studente è in questa fase in grado di sviluppare la sua propria comprensione della pratica e di migliorare su quello che ha già imparato.

Questo è un ciclo continuo che si ripete nella vita di ciascuno di noi. Pensate ad esempio alla necessità di imparare qualcosa di nuovo, che non abbiamo mai visto ne provato in precedenza. Come agiamo? Prima, magari ci troviamo qualche buon maestro per insegnarci i fondamentali, poi, dopo molto lavoro e pratica, andiamo ad approfondire questi fondamentali fino a diventare bravi, dei maestri nel nostro campo, e poi possiamo essere in grado di essere dei buoni insegnanti e leader per quanto riguarda queste pratiche.

Pensiamo a quello che succede nelle nostre aziende. Una persona viene buttata in un posto di lavoro, in una mansione, e qualcuno gli spiega cosa dovrebbe fare e, eventualmente, come dovrebbe farlo. Il concetto di maestria solitamente non è presente. E quando lo studente riesce a fare il lavoro in maniera uguale al maestro, si considera arrivato e addestrato. Un successo. Nel ciclo shu ha ri, questo è solo la fine della fase shu. La vera misura del successo nel ciclo di apprendimento shu ha ri è data dal raggiungimento della fine della fase ri, dove lo studente non solo agisce senza pensare, come un clone del maestro, ma ha una tale maestria del processo che può autonomamente eseguire cambiamenti in esso che migliorano su ciò che ha imparato.

I lavori nella Toyota sono tutti standardizzati fino all’ultimo dettaglio. Ma non sono statici. Man mano che vengono fatti dei miglioramenti da parte delle persone che sono nella fase ri dello sviluppo, essi vengono incorporati nel lavoro standard. Ogni persona nella Toyota è responsabilizzata per diventare il maestro nella propria arte, nel proprio lavoro. Di diventare un essere umano responsabile e pensante. Di auto-svilupparsi.

Il ruolo del maestro/leader nella Toyota (maestri si diventa solo nella fase ri) è quello di insegnare le persone di eseguire il lavoro in maniera corretta, senza però mai dare delle risposte precise su come risolvere i problemi che lo studente incontra nell’esecuzione.

Il ciclo shu ha ri, anche se potrebbe sembrarvi molto orientale, è molto inglobato anche nella nostra cultura. Pensate solo alla relazione tra un allenatore e uno sportivo, e al desiderio infinito dello sportivo per migliorarsi continuamente. Imparare qualsiasi mestiere con un maestro, e facendo un lavoro specifico, è il modo naturale in cui gli adulti imparano una nuova capacità. E non sicuramente tramite le lezioni in aula, che è diventato nell’ultimo secolo il metodo predominante di insegnamento…

Il valore del maestro è di assicurarsi che lo studente non prenda nessuna scorciatoia nel percorso verso la maestria, quello che le lezioni in aula tentano di fare. Le scorciatoie potrebbero produrre miglioramenti a breve termine in efficienza, ma non permettono allo studente di capire veramente a fondo il mestiere. Nel ciclo shu ha ri la maestria è d’obbligo…

Riguardo la leadership, anche qui il ciclo shu ha ri è la base di sviluppo. Un leader tipico nella Toyota inizia sempre dal livello più basso, impara a lavorare in linea fino a quando non raggiunge una posizione in cui è in grado di insegnare questi lavori, la fase ri. Quando poi viene promosso ad una posizione più alta nella gerarchia, inizia il processo da capo, con nuove responsabilità e compiti che prima non aveva.

Nel prossimo articolo vedremo come shu ha ri permette l’individuazione delle persone a cui l’auto-sviluppo è la base di progresso nelle graduatorie aziendali.

Autore

Ciao, sono Dragan Bosnjak e sono qui per guidarti nella scoperta del mondo di lean thinking!

2 comments… add one
  • mario Gen 3, 2012, 2:09 pm

    Ho vissuto negativamente l’opposto di questo processo quando il mio capo è andato in pensione. nonostante avessi chiesto più volte al titolare di affiancarlo prima che vi andasse la cosa mi è sempre stata negata. Mi sono trovato di colpo a dirigere cose di cui sapevo poco. Nonostante in un paio di mesi avessi imparato bene le mie competenze, il risultato è stato un’approccio sbagliato con la manodopera e con lo stesso titolare, che ha portato alle mie dimissioni dopo due anni. Ne sto ancora pagando le conseguenze.

    • Dragan Bosnjak Gen 3, 2012, 4:57 pm

      Ho vissuto anch’io una situazione del genere e ti capisco benissimo…
      Ma non serve a niente fermarsi sui fallimenti passati, bisogna capire dove abbiamo sbagliato noi, dove non potevamo fare niente, e poi continuare ad inseguire i nostri obiettivi di auto-sviluppo, migliorare noi stessi e diventare dei maestri in ciò che facciamo approfondendo sempre di più le nostre conoscenze e competenze: in questo modo, a lungo termine, non puoi sbagliare…

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