Ho ricevuto l’altro giorno la newsletter della fondazione CUOA, del Lean Enterprise Center Italia, con una bellissima testimonianza di Arnaldo Camuffo, Direttore Scientifico del Lean Enterprise Center of Italy, Fondazione CUOA, Member Board of Directors, Lean Global Network e Professore Ordinario di Organizzazione Aziendale, Università Bocconi, Milano.
Ho chiesto a loro il permesso di pubblicare questa testimonianza che, con mio grande piacere, è stato concesso. Il copyright del materiale pubblicato è del Lean Enterprise Center.
Partiamo:
Volo XY999 con destinazione finale Orlando, Florida. Sto andando al Lean Summit del Lean Enterprise Institute di Jim Womack, l’incontro annuale che fa il punto sullo stato di diffusione dell’approccio Lean negli USA e nel mondo.
Penso che mai Lean Summit è stato più atteso e tempestivo. Recentemente Akio Toyoda si è fatto volontariamente torchiare dal Congresso USA, ha offerto il petto alle critiche ammettendo le imperfezioni dell’azienda fondata dai suoi avi e forgiata da Taiichi Ohno e Shigeo Shingo, e ha fatto l’atto di contrizione che il mercato USA si aspettava.
Mentre leggo i giornali e mi preparo al Summit (per motivi di budget si viaggia in classe economica) ecco l’occasione: un volo è quasi sempre un’esperienza straordinaria, che offre una quantità smisurata di spunti di riflessione e occasioni di apprendimento su come le imprese organizzano i propri processi e su come le persone si comportano all’interno di essi. Basta sapere osservare.
Arriva il momento del pasto a bordo e gli assistenti, dopo i riti della partenza (annunci di sicurezza che nessuno ascolta, cuffiette che molti già hanno, salviette rinfrescanti che nessuno usa, ecc.) cominciano le solite giaculatorie lungo il corridoio: “lasagna o carne?”. Solo che questa volta accade qualcosa.
La passeggera seduta al posto 11C si accorge che la lasagna è fredda surgelata! E dopo di lei, altri passeggeri, dopo aver messo a dura prova la sensibilità al freddo di molari e canini, iniziano a lamentarsi. È il pandemonio. Mentre ci si lamenta, l’equipaggio inizia una folle corsa per placare il flusso di proteste. I pasti surgelati vengono ritirati (recalls anche qui, come per Toyota) per riscaldarli; i carrelli vanno e vengono con gli assistenti che sudano.
Lentamente, con fatica, disordine e scontentando un po’ tutti, la situazione torna alla normalità. Molti di quelli che volevano la lasagna hanno ripiegato sulla carne. Si è formato un ingorgo in coda all’aereo per gli acquisti duty free (il che è anche contro le norme di sicurezza di bordo). Il primo film inizia con ritardo con il risultato che il secondo film in programma sarà troncato a 5 minuti dalla fine perché l’atterraggio incombe.
Quante cose si imparano solo osservando direttamente i processi avendo attenzione al miglioramento; quanto muda (spreco) e quanto muri (sovraccarico e stress) che, solo vedendo e volendo, si potrebbero facilmente eliminare.
Tutto ciò è avvenuto senza che nessuno del personale di bordo si sia fermato un attimo a cercare di capire cosa stava accadendo, in che cosa consisteva il problema, perché si era presentato, quali opzioni erano disponibili per risolvere il problema, quale tra tali contromisure era eventualmente la migliore e come evitare che il problema potesse ripresentarsi, sul volo successivo, sull’aereo simile, sulla tratta adiacente.
Tutti lavoravano, tutti erano indaffarati (chi più e chi meno, a dire il vero), ma nessuno operava dando un senso alla propria azione, in modo coordinato, rispetto al cliente e al valore percepito. Esempi:
- La routine richiede che i pasti siano riscaldati prima di essere distribuiti. Ma se le lasagne erano surgelate, allora vuol dire che nessuno (dei 6, dico 6!) assistenti di bordo nella cabina classe economica ha controllato la temperatura dei pasti, o pensato al funzionamento dei termoconvettori; ciò significa che l’equipaggio non conosce come funzionano le attrezzature, o che se ne disinteressa, oppure che le attrezzature non sono adeguate, oppure che gli addetti alle manutenzioni di bordo non fanno il loro lavoro
- Una volta manifestatosi il problema, nessuno ha riflettuto, ha raccolto le informazioni in modo ordinato, ha provato a mettere insieme gli indizi e a riflettere, per un attimo, su cosa era accaduto e cosa fare; tutti a fare qualcosa, ma senza un senso
- Una volta “risolto” il problema, nessuno ha svolto alcuna attività di analisi; per l’equipaggio, business as usual, solo più stressati di prima, più demotivati di prima, e più presuntuosi di prima, in quanto sicuri di “essersi fatti in quattro” e di aver lavorato oltre il proprio mansionario, nonostante l’azienda.
La mia esperienza dice che questo modo di operare e di organizzare le attività non è un caso isolato, ma anzi, è la norma, in molte imprese, di servizi e industriali, grandi e piccole, private e pubbliche. E allora, in questo come in molti altri casi, non servirebbe un po’ di sano metodo Lean (o Toyota, o come altro volete chiamarlo)?
Ad esempio, un piccolo termostato che funzioni da Andon (quadro di controllo) per verificare immediatamente la temperatura dei pasti prima di distribuirli, o qualche meccanismo (anche qui semplice, da studiare con i manutentori) che serva da poka yoke (a prova di errore) per i termoconvettori. Oppure una standard work chart bene in vista che riporti non solo le operazioni da svolgere (ad esempio verificare che i pasti siano caldi prima di distribuirli o che i termoconvettori funzionino), ma anche il perché vanno svolte e se sono critiche o meno. O ancora un minimo addestramento su come l’equipaggio deve fare problem solving, oppure anche la sana abitudine di fare seriamente un breve incontro del team di bordo all’inizio, a metà e verso la fine del volo per “prevenire invece che curare”, capire come sta andando il volo, cogliere il livello di soddisfazione dei passeggeri.
Così, mentre tutti adesso ce l’hanno con Toyota e finalmente possono sfogare frustrazioni e invidie durate decenni dicendo “così la smetterete con questa storia della qualità totale e del miglioramento continuo” (parole testuale di un caro amico, top manager di una grande impresa), le imprese continuano a essere gestite male (spesso molto peggio della Toyota più recente), senza un sistema che sia “di diffuso buon senso” (in Toyota direbbero “scientifico”), attraverso regole e procedure che portano al peggioramento e non al miglioramento dei processi, attraverso persone che pensano di lavorare bene, ma in realtà lavorano male, che pensano di servire il cliente ma in realtà lo sconcertano e lo deludono.
Mai come oggi, l’approccio Lean può fare la differenza nelle nostre imprese. Per questo, parafrasando lo slogan di Toyota, nonostante essa sia alle prese con la peggiore crisi della sua storia, dal punto di vista dei principi di management non possiamo, paradossalmente, che ribadire con forza: ieri, oggi, domani, Toyota!Arnaldo Camuffo, Direttore Scientifico del Lean Enterprise Center of Italy, Fondazione CUOA, Member Board of Directors, Lean Global Network e Professore Ordinario di Organizzazione Aziendale, Università Bocconi, Milano
Grazie Arnaldo per questo esempio di lean thinking applicato alla nostra vita quotidiana!
Queste cose che ha elencato Arnaldo sono i fondamentali che incontriamo ogni giorno nelle nostre aziende. La mia domanda rivolta a voi: Siete in grado di vedere gli sprechi? Siete in grado di risolvere i problemi? Il vostro personale è motivato o stanco dopo la risoluzione? Avete un metodo per scoprire in anticipo e prevenire il problema?