Perché nessuno parla del jidoka?

Ieri ho iniziato a parlare dal dove iniziare con lean, e abbiamo visto che la risposta è lavoro standard e stabilità dei processi.

Questi due elementi infatti sono le fondamenta della famosa casa del TPS, e tra gli altri elementi nelle fondamenta possiamo trovare ancora il heijunka, ossia il metodo per stabilizzare la domanda in modo da ottenere processi stabili dopo che sono stati standardizzati, e kaizen, ossia il miglioramento continuo dei processi, partendo dallo standard attuale e cercando di migliorarlo continuamente.

Poi, per completare la casa dalle fondamenta fino al tetto, servono dei pilastri, per arrivare al tetto rappresentato dall’obiettivo: qualità più alta, costo più basso, lead time più brevi.

Ma i pilastri cosa sono? Sono due e di uno di questi abbiamo spessissimo parlato su questo blog: si tratta di Just in Time, ossia metodi per produrre con il flusso continuo, seguendo il takt time e, se necessario, come organizzare un sistema tirato (pull).

Il secondo pilastro, anche nella letteratura lean, viene spesso sottovalutato o addirittura saltato del tutto. Ma trattandosi del pilastro, non è meno importante del primo, in quanto se non c’è la casa crolla… Questo pilastro è jidoka.

Una traduzione spartana del jidoka potrebbe essere autonomazione, ossia automazione con il tocco umano.

Jidoka ha due caratteristiche principali:

  • fermarsi automaticamente
  • avvisare

Jidoka si riferisce dunque alla caratteristica del lavoro di avere l’abilità di individuare qualsiasi anomalia e fermarsi per non produrre difetti. Quindi significa l’abilità delle macchine e degli operatori di individuare una situazione anomala e fermarsi per cercare di risolvere subito questa anomalia.

Se le macchine e processi non sono equipaggiati con il jidoka, servono degli operai che devono costantemente tenere sotto controllo le macchine per prevenire i difetti. Jidoka invece permette di separare gli operai dalle macchine (aumentare efficienza) ma produrre sempre e comunque con la perfetta qualità.

Quali sono i metodi e strumenti del jidoka? Chaku chaku, SMED e poka yoke sono i più famosi, ma lo scopo di questo articolo non è di parlare di strumenti, quindi vi collego con i vecchi articoli dove ne parlo.

Perché se ne parla poco?

Tutti vogliono ottenere risultati subito e senza faticare, e JIT permette di migliorare velocemente l’apparenza. Jidoka invece è più sottile, più raffinato come concetto, e richiede anche un certo tipo di logica e osservazione della situazione e del lavoro. Ecco perché spesso viene sottovalutato e non applicato: non tutti sono disposti ad andare a osservare e capire il lavoro in dettaglio necessario per applicare il jidoka con successo. Bisogna conoscere a fondo tutte le sottigliezze del lavoro e intervenire per eliminare i potenziali difetti con soluzioni intelligenti, studiate caso per caso e che eliminano le vere cause all’origine dei problemi. Ecco perché anche la conoscenza del lavoro standard nel lean è fondamentale: per poter fare con successo il jidoka e risolvere più efficacemente i problemi.

Avete qualche esempio del jidoka applicato nelle vostre aziende? Volete condividerlo? Oppure si tratta di un concetto che sentite adesso per la prima volta?

Autore

Ciao, sono Dragan Bosnjak e sono qui per guidarti nella scoperta del mondo di lean thinking!

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