Monumenti e sovrapproduzione

Oggi ho passato la giornata intera nel gemba, a vedere la produzione di un potenziale cliente.

Quello che ho visto e sentito non mi ha per niente impressionato: prodotti finiti accatastati nel cortile, che non si riesce a vendere (il chiaro spreco di sovrapproduzione, il peggiore degli sprechi…), nella produzione un monumento inammovibile, e su cui si vuole basare la rinascita futura dell’azienda, visto che adesso sono in crisi nera.

Non pensavo onestamente che qualcuno ancora poteva sopravvivere in queste condizioni, ma si vede che mi sbagliavo…

Sono andato con il responsabile della produzione a fargli vedere queste cose (che lui ha davanti agli occhi tutti i giorni, ma NON VEDE) e a cercare di spiegargli il perché non si tratta di una situazione buona. Gli ho anche spiegato il perché il monumento è la peggiore cosa che poteva avere, in quanto lo costringeva a sovrapprodurre ancora di più, in quanto aveva una capacità tre volte superiore a quella necessaria e non si fermava mai.

E lui mi ha detto: “Ma non è un bene che quello funzioni sempre? Ci è costato l’occhio della testa, non possiamo fermarlo!”. “Allora”, gli ho risposto, “continuerai solo a riempire quel cortile li fuori fino a quando non avrai più spazio dove mettere la roba, poi tenterai di convincere il padrone che bisogna prendere altri capannoni dove immagazzinare il prodotto finito e lui, vista la situazione, dovrà investire altri soldi (che non ha…) per accontentarti, peggiorando ancora di più la situazione economica dell’azienda. Aggiungerai altro spreco a quello che hai già accumulato. E infine l’azienda non potrà più sopportare il peso del debito e fallirà. Questa è la tua prospettiva per i prossimi cinque anni, forse anche meno. Vuoi che questo diventi realtà o vuoi pensare a come fermare quel monumento e sostituirlo con qualcosa di più semplice ma che non ti fa sovrapprodurre?”.

Mi ha guardato e ascoltato in silenzio. E’ rimasto senza parole da quello che gli ho detto dopo un’ora di visita al suo stabilimento, quello in cui lui vive da vent’anni. Ma non ha contestato le mie parole. Sapeva che era così, e se non si cambiava “ieri”, il domani non è garantito.

Ha detto che parlerà di questo con il suo capo e che poi mi contatteranno per vedere cosa fare. Ma una valutazione di questo tipo, così veloce, non l’ha mai avuto da nessuno prima d’ora. Nessuno prima è stato sincero abbastanza per dirgli senza paura dove andrà a finire in uno scenario futuro a breve-medio termine. Adesso finalmente ha iniziato ad aprire gli occhi…

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Ciao, sono Dragan Bosnjak e sono qui per guidarti nella scoperta del mondo di lean thinking!

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